Ammortizzatori Sociali: cosa sta succedendo veramente a Roma e dintorni
La crisi che sta attanagliando ormai da qualche anno il nostro paese ha portato all’ordine del giorno il problema degli ammortizzatori sociali.
Oltre alla CIGO (Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria) le aziende che rientrano nelle fattispecie previste dalla normativa in vigore si sono trovate costrette a ricorrere a forme di CIGS (Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria) utilizzabile per riorganizzazione, ristrutturazione e crisi aziendale ed altresì alla CIG in deroga (utilizzabile quando sono state esaurite le prime due forme ovvero in altri casi residuali e per aziende che non possono ricorrere alla forma ordinaria o straordinaria).
Per la Cassa in deroga, istituita nel 2008 a valenza straordinaria ma ormai consolidata nella prassi operativa, ci sono stati negli ultimi mesi problemi di finanziamento, parzialmente risolti dalla recente manovra del nuovo Governo. Trattasi di una forma di sostegno di dubbia efficacia e sicuramente da riformare, ed in questo concordo con le riflessioni del Prof. Ichino (tende in sintesi a tenere in vita aziende decotte e senza futuro e dovrebbe essere sostituita da trattamenti di disoccupazione e altre forme di sostegno al reddito accompagnate da decontribuzioni per chi assume)
Le altre forme di Cassa Integrazione sono invece coperte, da sempre e per la quasi totalità, da versamenti dell’azienda e del lavoratore.
Il lavoratore che ne beneficia ottiene un assegno che va dagli 800,00 € ai 1000,00 € netti a seconda della fascia retributiva.
Tale assegno viene pagato normalmente dall’azienda che ne anticipa l’erogazione e poi ottiene con diversi mesi di ritardo il pagamento dall’INPS ovvero ne sconta l’ammontare in compensazione nel computo dei versamenti previdenziali dei mesi successi all’erogazione.
Stanno peraltro aumentando vertiginosamente negli ultimi tempi le aziende che, ricorrendo alla Cassa Integrazione e non avendo liquidità disponibile, richiedono il pagamento diretto degli assegni da parte dell’INPS.
In tale ipotesi si innesca una procedura autorizzativa complessa, farraginosa e rallentata da una serie di passaggi burocratici.
L’INPS competente effettua una serie di verifiche presso l’azienda, quindi trasmette la pratica a Roma alla Direzione Generale Politiche Attive e Passive del lavoro Divisione IV già Direzione Generale Ammortizzatori Sociali.
Questa struttura, che pochi anni fa si occupava di un migliaio di pratiche all’anno circa oggi ne lavora ca 10.000. Il personale dal punto di vista numerico è sempre lo stesso. Il pubblico viene ricevuto una volta solo alla settimana per 3 ore al massimo.
In sintesi si è creato un collo di bottiglia dove oggi si stanno evadendo le pratiche presentate oltre 5 mesi fa ed i problemi evidenti sono che:
- Le domande vengono viste in via cronologica e senza distinzione tra aziende che anticipano la cassa e quelle che invece hanno chiesto il pagamento diretto non avendo liquidità disponibile (ormai migliaia in Italia)
- I dipendenti in cassa stanno aspettando da mesi il relativo assegno, ed in molti casi per diverse famiglie trattasi di una forma unica o importante di sostentamento
- Gli Enti pubblici sono intervenuti in passato per garantire tale anticipazione (alcune Province) ma le recenti ristrettezze hanno in molti casi fatto venir meno anche tali forme di sostegno
In un contesto così critico ABI, Confindustria, Organizzazioni Sindacali hanno pensato, correttamente, di stipulare un accordo quadro per una “Convenzione in tema di anticipazione Sociale”.
Il rischio bancario è sostanzialmente inesistente in quanto le somme sono certamente dovute, l’INPS farà il relativo versamento e le somme verranno inputate dalla banca a decurtazione dell’anticipazione fatta.
Peccato che in tale convenzione non sono state disciplinate alcune voci fondamentali quali
- Il tasso d’interesse da applicarsi al lavoratore che chiede l’anticipo
- Le spese connesse al conto corrente.
Provo allora nel seguito a sintetizzare le condizioni applicate da alcune delle banche che hanno stipulato tali Convenzioni.
CREVAL | INTESA | UNICREDIT | CARIPARMA | BANCA DI LEGNANO |
POSTE ITALIANE |
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importo massimo finanziabile | 80% | 800€/mese | 800€/mese | 80% massimo 700 €/mese |
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numero massimo erogazioni mensili | 9 | 7 | 9 | da verificare | 10 | |
importo max finanziabile | 7000 | 6500 | 7000 | |||
tasso | 0% | 4% | 4% | 4% | 0% | |
TAEG | 0,57% | 4,03% | 6,16% | |||
spese istruttoria/bancarie | esenti | ordinarie | esenti | ordinarie | esenti | |
modalità | apertura di un c/anticipi in presenza di un conto corrente presso CREVAL |
apertura di credito su un conto corrente presso INTESA |
apertura di credito su un conto corrente |
apertura di credito su un conto corrente |
apertura di credito su un conto corrente. Esiste una convenzione con Provincia di AL scade al 30/6/2013 |
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note | in caso di utilizzo eccedente il fido il tasso cambia da definire |
Come si può vedere mentre alcune banche (Creval, Banca di Legnano) hanno interpretato correttamente la valenza sociale dell’accordo applicando tassi e costi sostanzialmente pari a zero altre hanno deciso di lucrare su tale tipo di accorto (INTESA SanPaolo, Unicredit e Cariparma) disattendendone di fatto le motivazioni di fondo.
Incredibile ed inaccettabile la posizione della Poste (che ricordo sono a partecipazione integralmente pubblica) che non ha aderito alla convenzione e quindi i molti dipendenti che utilizzano il Banco Posta non posso accedere ad alcuna anticipazione.
Paradossale il fatto che lo Stato che da una parte non eroga nei tempi dovuti le somme spettanti ai lavoratori tramite Minlavoro ed INPS dall’altra parte non li agevola neanche anticipando tali somme con la propria Banca.
Morale:
- Il Ministero del Lavoro ed i Dirigenti responsabili non si stanno rendendo conto del grave problema creatosi e della necessità di potenziare la Direzione Politiche del Lavoro dove le pratiche sono decuplicate ed il personale è sostanzialmente lo stesso di qualche anno fa (chiedere alla responsabile D.ssa Gaetani che ha peraltro avanzato più volte nelle sedi competenti la richiesta di potenziamento del proprio settore) trasferendo personale sicuramente e facilmente individuabile in altri Enti dove il lavoro sarà calato o dove ci sono esuberi strutturali di fatto.
- Le banche, che stanno continuando a macinare nonostante tutto miliardi di euro di utili, ancora in diversi casi e, salvo lodevoli eccezioni, stanno lucrando su situazioni di particolare disagio sociale come quello qui descritto.
- Gli Enti territoriali non riescono più a garantire forme di anticipazione in alcuni casi utilizzate in passato a sostegno dei vari ritardi burocratici.
- ABI e Confindustria riescono a fare un accordo sulle anticipazioni dei trattamenti di cassa integrazione senza determinare un “dettaglio” quale il tasso ed i costi applicati.
- Lo stato non riesce a sopperire alle proprie inefficienze neanche attraverso convenzioni analoghe a quelle stipulate da varie banche rimediando in parte alla propria inefficienza ormai strutturale.
Il tutto in sfregio a lavoratori e famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese.
Povera Italia.